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Mutui: i tassi superano il 2%

Dopo un periodo di tassi applicati ai mutui prossimi allo zero, nell’ultimo periodo hanno ripreso a salire, superando, nel caso di quelli indicizzati a tasso fisso, la soglia del 2%. Ma quanto incide, o inciderà, sulle tasche degli italiani che intendono acquistare un’abitazione E in che modo i consumatori possono tutelarsi? Dall’analisi dell’Osservatorio di Facile.it, relativa al confronto tra aprile 2022 e aprile 2021, emerge innanzitutto come vi sia un cambio dell’identikit del richiedente medio. Aumenta infatti la quota di Under 36 che hanno avviato le pratiche per ottenere un mutuo.
Inoltre, aumenta anche il peso percentuale delle richieste di finanziamento per l’acquisto della prima casa sul totale delle domande presentate. E anche in questo caso, il fattore determinante è l’incremento del numero di giovani richiedenti.

Tasso fisso: i valori dei migliori Taeg offerti al cliente sono cambiati

Come sono cambiati, da gennaio a oggi, i valori dell’indice EURIRS e dei migliori Taeg offerti al cliente? L’EURIRS (20 anni) è passato da 0,60 (4 gennaio 2022) a 1,97 (9 maggio 2022), mentre il tasso fisso al cliente (miglior Teag) è salito da 1,21% (gennaio 22) a 2,12% (maggio 22). Per chi ha già sottoscritto il mutuo a tasso fisso non cambia nulla, per chi invece deve sottoscriverlo oggi, le differenze sono importanti. Prendendo in considerazione un mutuo fisso di 126.000 euro da restituire in 25 anni (LTV 70%), a gennaio 2022 la rata mensile disponibile col miglior Taeg a tasso fisso era di 483 euro, mentre a maggio 2022 è arrivata a 528 euro: 45 euro in più al mese e 13.500 euro in più di interessi per tutta la durata del finanziamento.

Tasso variabile: torna a essere un’alternativa interessante

Per quanto riguarda il tasso variabile, l’EURIBOR a 3 mesi è passato da -0,57 (4 gennaio 2022) a -0,40 (9 maggio 22) e i tassi proposti all’aspirante mutuatario (miglior Taeg) sono variati da 0,72% (gennaio 22) a 0,75% (maggio 22). Considerando un mutuo di 126.000 euro da restituire in 25 anni (LTV 70%), lo scorso gennaio la rata mensile disponibile col miglior Taeg era di 456 euro, valore rimasto invariato anche a maggio. Il tasso variabile, quindi, torna a essere un’alternativa interessante rispetto a quello fisso, dal momento che la rata di partenza è inferiore di 72 euro.

Difficile fare previsioni sul fronte del mercato immobiliare

Per i tassi fissi, guidati dall’IRS, bisogna guardare all’andamento del Bund tedesco, mentre per quelli variabili, guidati dall’Euribor, sarà determinante la politica monetaria della BCE, e l’eventuale decisione di aumentare il costo del denaro.
Difficile fare previsioni sul fronte del mercato immobiliare, il primo a essere impattato dai movimenti degli indici legati ai muti. Se da un lato l’aumento dei tassi potrebbe incidere negativamente sulla richiesta di case, che alla lunga, potrebbe tradursi in un calo dei prezzi, dall’altro lato va evidenziato che in momenti di instabilità il ‘mattone’ diventa per tanti un bene rifugio, e questo potrebbe avere un effetto opposto sui prezzi. Ma sarà anche fondamentale guardare a come cambieranno le prospettive di crescita economica del Paese per i prossimi mesi.

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Le aziende credono nella digital transformation

A causa della crisi nel reperimento delle materie prime molti settori industriali stanno rallentando la produzione. Oltre a mercati resi incerti dalla guerra in corso, lo scenario si complica per la coda lunga della crisi pandemica e i primi segnali di inflazione. Ma digital transformation e green revolution sono i trend che guidano il mondo dell’impresa nel 2022. Sul primo fronte le aziende venete, campioni di un’analisi, hanno iniziato a lavorare e a investire da molto tempo, mentre sulla sostenibilità si è partiti più di recente, ed è questo il focus per i prossimi anni. È quanto emerge da uno studio condotto da Fòrema, ente di formazione di Assindustria VenetoCentro, su un campione di 172 aziende venete, piccole, medie e grandi.

Come cambierà l’impresa nei prossimi tre anni?

Ma come cambierà l’azienda nei prossimi tre anni in termini di attività, funzioni e relazioni organizzative? Il 30% delle aziende intervistate, in maggioranza appartenente al settore industriale e metalmeccanico, prevede un aumento delle attività, e il 17% si aspetta un cambiamento radicale dell’azienda, contro il 16% che si aspetta una struttura organizzativa sostanzialmente simile a quella attuale. In termini assoluti prevale l’aspettativa di prossime modifiche a processi, attività e modelli di lavoro (15%), e solo il 2% dichiara di non essere in grado di fare previsioni. Le grandi aziende prospettano trasformazioni più radicali rispetto alle Pmi, sia in termini quantitativi (aumento di funzioni/attività o focalizzazione) sia qualitativi (nuovi processi e relazioni).

Si punta a nuove professionalità

Per affrontare la situazione, le aziende puntano a nuove professionalità. In molti stanno assumendo nuovi Chief Technology Officer-IT manager, tecnici capaci di individuare le migliori tecnologie da applicare ai prodotti o ai servizi che l’azienda produce. Anche i Digital manufacturing manager sono profili su cui puntano le imprese, profili che nei processi produttivi sappiano usare le innovazioni.
Su tutte, però, emerge l’attenzione per figure capaci di riprogettare e pianificare la produzione e la gestione dei flussi di materiali in ingresso e in uscita sulle linee produttive. In questo periodo di crisi dei costi dei materiali sono infatti figure fondamentali per mantenere redditizio il ciclo produttivo.

Digitalizzazione e sostenibilità

In tema di digitalizzazione, il 52% delle aziende dichiara di aver già realizzato interventi formativi per adeguare le competenze in ambito digitale. Solo il 25% dichiara azioni scarse o nulle in quest’ambito.
I processi di digitalizzazione hanno coinvolto la maggior parte delle aziende intervistate, anche se tali processi riguardano prevalentemente i settori progettazione e direzionale, e in minor parte i profili più operativi. Sul tema della sostenibilità, invece, meno della metà delle aziende (42%) dichiara di aver realizzato azioni specifiche per dotarsi di competenze per una maggiore sostenibilità d’impresa. Di queste, il 15% parla di azioni complete e concluse, e il restante 27% riferisce azioni incomplete.
Il campione di aziende che invece dichiara di non aver ancora fatto nulla in tema di sostenibilità si attesta al 37%.

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